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25 Aprile: festa della Liberazione

Il 25 Aprile non può e non deve essere festeggiato solo con i tradizionali rituali celebrativi. Quella giornata di 76 anni fa merita riflessioni più che mai utili ancora oggi.

Dopo avere patito enormi sacrifici e subito gravi perdite, le forze popolari della Resistenza, assieme agli eserciti degli Alleati, annunciarono la fine della guerra e la liberazione dell’Italia dal fascismo. Il nostro Paese usciva da quelle esperienze con profonde lacerazioni interne e gravato da pesanti macerie materiali e morali, ma, per la prima volta nella sua storia, era nella condizione di scegliere democraticamente il proprio destino. Si apriva, cioè, l’orizzonte nazionale di un comune impegno politico sia per il “vento del Nord”, inteso da Pietro Nenni come forza purificatrice delle stagioni passate, sia per il “vento del Sud” che, secondo Aldo Moro, doveva ricondurre il Mezzogiorno nel circuito delle responsabilità democratiche.

Il 25 Aprile fu una giornata di festa per i ‘vincitori’ e, anche, una giornata di cupo dissenso per coloro, i ‘vinti’, che vedevano dissolte le residue fiducie di una improbabile continuità con il passato. In sostanza, fu la giornata nella quale avveniva quella svolta senza la quale non si sarebbe potuto neanche intravvedere la strada che conduceva alla ricostruzione del Paese.

Poco più di un anno dopo, il 2 Giugno 1946 con il referendum istituzionale e con le elezioni politiche, in cui si celebrò l’inedita partecipazione al voto delle donne, si sancì la scelta per la Repubblica e si elessero i membri dell’Assemblea Costituente. I partiti, per la prima volta nella storia dell’Italia unita, furono accreditati all’esercizio del potere costituente. I partiti erano reduci da esperienze diverse e coltivavano prospettive politiche anch’esse diverse, eppure prevalse, attraverso difficili scelte e compromessi, l’essenziale unum sentire de republica che permise l’elaborazione e l’approvazione della nostra Costituzione repubblicana. Nasceva, quindi, nel 1948 un sistema politico democratico e plurale, fondato su princìpi di identità sostanziali e unitari, che consentì al Paese di procedere, tra mille difficoltà, alla propria ricostruzione.

 

 

Anche oggi si avverte in modo acuto la necessità di un’idea unitaria di Paese per far fronte ai grandi problemi che pone quotidianamente, in tutti suoi risvolti, la crisi pandemica di cui è fin azzardato presagire la fine. Ciò richiede alle forze politiche, come avvenne dopo il 25 Aprile del 1945, di uscire dalle ambiguità di cui si nutre l‘attuale e, purtroppo, permanente competizione elettorale per fare
fronte alle urgenze e necessità del Paese e, questa volta come nell’ultimo dopoguerra, del mondo intero.

Nicola Antonetti